Hall Of Fame
Pantofola d’Oro e la storia del calcio: un binomio inscindibile
Per cinquant’anni Pantofola d’Oro è stata la scarpa non solo dei più grandi e blasonati campioni, ma anche di tantissimi calciatori che sapevano apprezzare un manufatto di qualità straordinaria per usare un aggettivo caro ad Arrigo Sacchi.
A partire da John Charles, il primo a chiamare pantofola la calzatura fatta da Emidio Lazzarini, tutti, ma proprio tutti i più grandi calciatori del pianeta hanno narrato e interpretato la storia del calcio avendo ai piedi una scarpa che è anche un’icona del gioco più bello del mondo.
A SEGUIRE, UNA CARRELLATA DI PERSONAGGI CHE HANNO NON SOLO USATO, MA SOPRATTUTTO AMATO, LA SCARPA DA CALCIO PIÙ BELLA CHE SIA MAI STATA CREATA.
ALTAFINI
Ai più giovani è noto per il suo mitico golasso pronunciato quando commentava le partite in TV, ma Altafini è stato uno dei più grandi attaccanti che abbia mai calcato le scene. In Brasile lo chiamavano Mazola, per la sua vaga somiglianza con un altro immenso campione scomparso insieme a tutto il grande Torino nella tragedia di Superga, Valentino Mazzola.
PICCOLO DETTAGLIO: OLTRE AD AVER VINTO DI TUTTO E DI PIÙ È STATO ANCHE CAMPIONE DEL MONDO.
ANGELILLO
Antonio Valentín Angelillo, noto anche come ‘angelo dalla faccia sporca’, è un attaccante argentino che diventa italiano a tutti gli effetti. Con 33 gol detiene ancora oggi il record di reti segnate in un campionato a 18 squadre. Carattere ribelle, è ritenuto «el mas grande centerforward del mundo» e piaceva alle donne, suscitando la gelosia del Mago Herrera, che lo manda via dall’Inter.
BARNES
Di origini giamaicane, John Barnes è un trequartista che non disdice giocare all’ala ed è capace di grandi assist e grandi gol. Se passate da Liverpool, tutti vi dicono che ha giocato con i reds 407 partite segnando 108 reti. Veste la maglia nazionale inglese per dodici anni e la sua popolarità porta la softwarehouse Krisalis a pubblicare nel 1992 un videogioco a lui dedicato dal nome John Barnes European Football, ispirato al Campionato europeo tenutosi proprio quell’anno.
BETTEGA
Soprannominato Bobby goal, il bravo Roberto ha la faccia da buon ragazzo che però ti punisce sempre. A volte anche con il sorriso da furbetto. È senz’altro uno degli attaccanti più forti e prolifici del calcio italiano, abilissimo nel colpo di testa, elegante nelle movenze, cattivo nella sua voglia di vincere e, con quella faccia da bravo ragazzo, piaceva molto e molto faceva incazzare.
BONIPERTI
Come giocatore ha fatto parte, assieme a John Charles e Omar Sívori, del cosiddetto Trio Magico, uno dei più prolifici reparti d'attacco ammirati nella massima serie italiana. Juventino in tutto e per tutto, smessi gli scarpini indossa i panni di dirigente, collezionando vittorie su vittorie.
LA SUA CARRIERA, SUL CAMPO E DIETRO LA SCRIVANIA, NE HA FATTO UNA DELLA PERSONALITÀ PIÙ IMPORTANTI NELL'INTERA STORIA DEL MOVIMENTO CALCISTICO ITALIANO.
CAPELLO
Il suo gol più famoso è quello decisivo che ha permesso all'Italia di vincere per la prima volta in casa dell'Inghilterra a Wembley nel 1973. Centrocampista lento e compassato, tutto grinta e geometria, cresciuto nelle giovanili della Spal, ha militato tra Roma, Juventus e Milan. Ma i successi più importanti li ha ottenuti come allenatore. Il suo motto è: 'ci sono uomini che fanno la differenza e uomini che fanno numero.'
CEREZO
Il suo soprannome è Toninho, ribattezzato anche Tira e molla per la sua capacità di avvicinarsi e staccarsi dal pallone senza mai perderlo di vista. Dal mitico Atletico Mineiro brasiliano approda alla Roma e poi alla Sampdoria. Il suo calcio è felicità e gioia di vivere. Per lui il pallone è come il riso con i fagioli. Grande Toninho, che con la Roma vince due Coppa Italia e perde una finale di Coppa dei Campioni. Rimane per sempre nel cuore dei tifosi romanisti.
CHARLES
Uno degli attaccanti più forti di sempre. Gallese, soprannominato King John o gigante buono per la sua stazza imponente che non subisce mai un’ammonizione tantomeno un’espulsione in tutta la carriera, nei suoi cinque anni alla Juventus segna 105 gol in 182 partite, vincendo tre scudetti e due Coppa Italia. SE LE SCARPE DI LAZZARINI SI CHIAMANO PANTOFOLA D’ORO, LO SI DEVE PROPRIO A QUESTO GRANDISSIMO CAMPIONE.
CONTI
Campione del mondo con la Nazionale italiana nel 1982, Bruno Conti lega il suo nome a quello della Roma, con la quale vince lo scudetto nel 1982-1983 e perde l’anno dopo la finale di Coppa dei campioni giocata proprio nella sua città. Ala destra dal dribbling secco, scatto profondo e cross perfetto, c’è Roberto Pruzzo, centravanti bomber di quella mitica Roma, che ancora lo ringrazia per tutti i gol che gli ha fatto fare.
CRUIJFF
Uno dei più grandi giocatori di sempre e grande allenatore. Lo chiamano il profeta del gol e con lui il calcio cambia pelle e si fa totale. Siamo negli anni Settanta in Olanda, dove tutto è concesso e ammesso. La sua finta è proverbiale, si fa dare il pallone e poi scatta in avanti. Tutti lo sanno, nessuno lo ferma. Tre coppe dei campioni vinti con l’Ajax e tre palloni d’oro consecutivi possono bastare? Crea le basi come allenatore e dirigente del Barcellona del futuro, quello che vediamo ancora oggi.
di canio
Una vera testa calda. Attaccante tutto genio e sregolatezza, segna il gol decisivo alla Roma il 15 gennaio 1989 (1-0), correndo sotto la curva giallorossa con il dito indice alzato, al primo derby dopo tre anni di assenza della Lazio dalla massima serie. Gioca nella Juve, nel Napoli e nel Milan e poi in Scozia e in Inghilterra dove è ricordato, soprattutto dai tifosi del West Ham, con autentico affetto, sincero e devoto.
DIRCEU
C’è chi lo chiama la formica, per la sua elevata resistenza, chi lo chiama la farfalla, per il suo girovagare in tutte le zone del campo. Brasiliano di Curitiba, in Italia gioca a Verona, Napoli, Ascoli, Como, Avellino, Benevento e per questo il suo soprannome diventa lo zingaro. Giocatore di enorme talento, persona mite e generosa, dopo il Mondiale 1978 è giudicato dai media come uno dei tre giocatori più forti al mondo, dietro Mario Kempes e Ruud Krol.
FALCAO
È l’ottavo re di Roma, giocatore universale, uno dei centrocampisti più forti e dotato di classe cristallina del calcio mondiale. Vince lo scudetto con la Roma nell’83, perde un mondiale a causa dell’Italia nel 1982 e si rifiuta di tirare un rigore nella finale di Coppa dei campioni persa con il Liverpool in casa nel 1984. Nonostante questo rimane sempre l’ottavo re di Roma.
ERIKSSON
Difensore svedese, smette di giocare per un brutto infortunio a ventisette anni e diventa presto allenatore. Nei suoi oltre trent'anni di carriera è l'unico ad aver centrato il double scudetto-coppa nazionale nello stesso anno in tre paesi diversi: Svezia, Portogallo e Italia. In queste tre nazioni vanta un totale di 5 campionati e 10 tra coppe e supercoppe. In Italia allena Roma, Lazio, Sampdoria e Fiorentina. A Roma i tifosi di parte giallorossa lo ricordano per la triste sconfitta subita in casa con il Lecce per 2 a 3 che costa lo scudetto a vantaggio della solita Juventus.
FERRARA
Annoverato tra i migliori difensori degli anni 1980 e 1990, Ciro Ferrara nel corso della sua carriera veste le maglie di Napoli e Juventus, conquistando 7 scudetti, 2 Coppe Italia, una Coppa UEFA, 5 Supercoppe italiane,1 Champions League, 1 Supercoppa, 1 Coppa Intercontinentale e 1 Coppa Intertoto. Niente male. Gioca con Maradona, e puntualmente lo va a tirare giù dal letto per portarlo agli allenamenti.
GARRINCHA
Manoel Francisco dos Santos, meglio noto come Mané Garrincha è un fenomeno. La miglior ala destra di sempre. Due coppe del mondo vinte con il Brasile, 1958 e 1962, il suo dribbling è micidiale. Peccato che al genio calcistico, come spesso accade, si accompagni una sregolatezza del vivere che lo porta a finire male. E pensare che per via di una malformazione che gli reca una differenza di sei centimetri tra una gamba e l’altra, secondo alcuni dovuta alla poliomielite, ad altri alla malnutrizione, i medici lo dichiarano invalido e gli sconsigliano di praticare il calcio. Il soprannome Garrincha glielo dà una sorella perché il suo aspetto minuto le ricorda quello di un'omonima specie di uccelli che lui cacciava da bambino. Quando Garrincha inizia a giocare al calcio il soprannome muta accezione, ben attagliandosi alla particolare andatura dovuta all'handicap fisico che è evidenziata durante le corse effettuate sul campo da gioco, simile a quella di un uccellino che saltella.
È ANCHE NOTO COME L'ANGELO DALLE GAMBE STORTE, IL CHAPLIN DEL CALCIO E ALEGRIA DO POVO, GIOIA DEL POPOLO.
HALLER
Prima camionista, poi calciatore. Ma con i piedi ci sa fare. Helmut Haller, tedesco di Augusta, gioca soprattutto come trequartista o ala, ed è ricordato come uno dei migliori nel suo ruolo negli anni Sessanta, nonché come uno dei migliori giocatori che abbiano indossato la maglia del Bologna con la quale vince uno scudetto. Notevoli sono anche le sue capacità di dribbling, finalizzazione e carisma. Passa alla Juventus dove vince altri due scudetti. È un tedesco atipico, cui piace vivere, scherzare, danzare e...
KLINSMANN
Jürgen Klinsmann è un attaccante di razza. Vince un mondiale e un europeo con la maglia della nazionale tedesca, gioca in Italia nell’Inter, in Germania nello Stoccarda e nel Bayern Monaco, nel Monaco in Francia e in Inghilterra nel Tottenham dove lo ricordano ancora con affetto smisurato. Diventa anche allenatore della Germania e degli Stati Uniti. Un grande personaggio.
MANCINI
Roberto Mancini, detto Mancio, è uno di quei giocatori che il gergo calcistico definisce fantasisti. Certo, la fantasia non gli manca. Vederlo giocare è un piacere, chiedetelo a Genova, sponda doriana, e a Roma, sponda laziale. Insieme a Vialli crea una coppia di attacco che rimarrà nella storia del nostro calcio. Smessi gli scarpini inizia una brillante carriera di allenatore che gli fa vincere scudetti in Italia e oltre Manica.
ADESSO ALLENA LA NAZIONALE, AUGURI MANCIO.
MAZZOLA
Figlio di Valentino, diventa simbolo della grande Inter di Moratti ed Herrera portandola sul tetto d’Europa e del mondo. Sul dualismo fra lui e Rivera, che gioca nel Milan compiendo altrettanti sfracelli, in senso positivo s’intende, sono state scritte pagine memorabili. Come memorabile rimane un suo gol in nazionale segnato dopo una serie interminabile di palleggi che rintrona centrocampisti e difensori della squadra avversaria.
MILLA
È il progenitore dei leoni indomabili del Camerun, uno dei primi giocatori africani a diventare famoso in tutto il mondo. Attaccante di classe, dalle movenze felpate, detiene il primato di giocatore più vecchio a segnare in una fase finale della Coppa del Mondo FIFA: nel 1994 segna a 42 anni con la nazionale camerunense. È stato eletto al 58º posto tra i giocatori del XX secolo dalla rivista World Soccer.
TRA CAMPIONATI E NAZIONALE MAGGIORE, MILLA GIOCA 846 PARTITE SEGNANDO 431 RETI, ALLA MEDIA DI 0,51 GOL A PARTITA. UN GRANDE.
PUSKAS
Ferenc Puskás e considerato il miglior calciatore ungherese di sempre e uno tra i più dotati di ogni tempo. È il terzo capocannoniere di tutti i tempi, avendo realizzato in carriera oltre 1000 goal tra nazionale e club. Seconda punta molto veloce, dotato di un notevole stacco di testa nonostante la media statura e di un eccezionale controllo palla al piede, è in possesso di un tiro micidiale. Il suo compagno di squadra e amico Alfredo Di Stéfano, altro grandissimo giocatore, lo ha definito il migliore calciatore di tutti i tempi. Nel suo palmarès, oltre a diversi titoli di campione d'Ungheria e di Spagna, figurano un oro olimpico con l'Ungheria nel 1952 e tre Coppe dei Campioni nel 1959, 1960 e 1966, nonché una Coppa Intercontinentale nel 1960, con il Real Madrid.
riva
Gigi Riva, detto Rombo di tuono, è il più forte attaccante che l’Italia abbia mai avuto. Malgrado due gravi infortuni lo abbiano limitato parecchio, con 35 gol in nazionale è ancora il capocannoniere fra gli azzurri. Vince uno scudetto pazzesco con il Cagliari e nonostante la corte di Agnelli e Moratti, dall’isola non se n’è mai voluto andare. Sinistro micidiale, coraggio leonino, forte nello stacco di testa, vince il campionato europeo con l’Italia nel ’68 e due anni dopo arriva in finale ai mondiali in Messico. Peccato che dall’altra parte ci fosse un certo Pelè.
rivera
Chiamato abatino per le sue movenze compassate, quasi di maniera, Gianni Rivera è senz’altro uno dei centrocampisti migliori che l’Italia abbia mai avuto e uno dei primi dieci al mondo. Esordisce a quindici anni e nella sua carriera vince tutto, compreso il Pallone d’oro nel ’69, primo italiano ad aggiudicarsi il trofeo. Campione d’Europa con l’Italia nel ’68, finalista mondiale nel ’70 in Messico contro il Brasile.
LA STAFFETTA CON MAZZOLA RIMARRÀ NEGLI ANNALI DELLA STORIA DEL CALCIO NOSTRANO.
sivori
Enrique Omar Sívori è il primo pibe de oro argentino, molto prima di Maradona. Gioca con i calzettoni sulle caviglie e con i suoi tunnel fa incazzare tutti i difensori. Classe sopraffina, scaltrezza al limite dell’irrisione, Sívori nel ’61 vince il Pallone d’oro ed è da considerare un attaccante micidiale. Dal River Plate passa alla Juventus e poi al Napoli. Anarchico e geniale, sul campo fa quello che vuole. Fin troppo a detta di certi allenatori.
MAI NESSUNO RIESCE A INGABBIARLO IN SCHEMI DETTATI A TAVOLINO. SEGNA UNA VALANGA DI GOL, TALENTO PURO.
suarez
Altro Pallone d’oro, che vince nel 1960, Luisito Suarez è uno di quei centrocampisti che fanno la gioia degli allenatori. Non perde mai un pallone, possiede un lancio millimetrico e una visione di gioco che gli permette di capire in anticipo quello che succederà l’attimo successivo.
DAL BARCELLONA DOVE VINCE TUTTO, PASSA ALL’INTER DOVE RIVINCE TUTTO. UN FENOMENO.
VALCAREGGI
Prima giocatore, poi allenatore, Ferruccio Valcareggi è stato il primo ct a far vincere un trofeo all’Italia dopo la guerra. Con gli azzurri conquista il Campionato europeo del ’68 a Roma in una doppia finale con la Jugoslavia. Due anni dopo porta gli azzurri in finale nella Coppa del mondo che perde con il Brasile. Artefice della staffetta fra Mazzola e Rivera, gli ultimi sei minuti di gioco lasciati a Rivera in finale faranno discutere per anni. Un gentiluomo, comunque.
ZOFF
Dino Zoff è Il più grande portiere che l’Italia abbia mai avuto, di una longevità impressionante. Vince con la nazionale il Campionato europeo del ’68 e il mondiale dell’82. Diventa anche ct della nazionale, con la quale raggiunge la finale del campionato europeo nel 2000 persa contro la Francia. È il pilastro della Juventus fra gli anni Settanta e Ottanta.
TACITURNO, INTROVERSO, MAI PLATEALE, RIMANE PROVERBIALE LA SICUREZZA CHE SA INFONDERE A TUTTO IL REPARTO DIFENSIVO.